Vaccino anti Covid-19, somministrazione a titolo di favoritismo
La fase incipiente dell’attuale campagna vaccinale, volta ad immunizzare la popolazione dal coronavirus Covid19, sarebbe stata anche scandita, secondo alcune indiscrezioni, dalla somministrazione di dosi, a titolo di favore, a soggetti non rientranti nelle categorie prioritarie individuate dal Ministero della Salute e dalle Regioni (operatori sanitari, operatori e ospiti di RSA e altre figure ad essi assimilabili).
Al di là della non semplice operazione di discernimento con cui stabilire quali siano i soggetti da ricondursi in tali categorie di rischio, spesso definite troppo genericamente (in Puglia, ad esempio, tra gli operatori sanitari e socio-sanitari vanno inclusi gli addetti alle pulizie degli ospedali, gli informatori scientifici ammessi nelle strutture di ricovero, i manutentori di impianti in luoghi di ricovero ecc.), si dibatte in questi giorni di quale reato debba rispondere il “vaccinatore” che si presta ad inoculare il vaccino in favore di chi dovrebbe invece riceverlo solo più avanti nel tempo.
Fermo restando che il vaccinatore (sia esso medico o infermiere) assume la qualità di pubblico ufficiale, ci si chiede se a carico di chi somministri una dose di vaccino a chi non ne ha in quel momento diritto, debba ascriversi il reato di “Peculato” (art. 341 c.p.) o di” Abuso d’Ufficio” (art. 323 c.p.). Per comprendere come orientarsi, conviene tenere presente che, in seguito alla riforma del 1990, l’elemento oggettivo del reato di peculato è costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una condotta da cui deriva un’estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente incameramento del bene stesso da parte dell’agente.
Operando le dovute trasposizioni della norma al caso delle somministrazioni dei vaccini, occorre ora inquadrare sia la lesione dell’avente diritto (che nello specifico va individuato nel Servizio Sanitario Nazionale a cui interessa la profilassi della popolazione) che l’antigiuridicità della condotta dell’agente (che nella fattispecie è l’infermiere o il medico che dispone del vaccino). Ebbene. Il reato che, a mio avviso, deriva da questa impostazione è indubbiamente quello dell’abuso d’ufficio poichè, in tal caso, è ravvisabile uno sviamento che si concretizza in un uso irregolare del bene (il vaccino) senza che questa azione, però, comporti alcuna perdita o lesione patrimoniale in danno dell’avente diritto. La dose del vaccino, invero, non viene sottratta al Servizio Sanitario Nazionale, ma viene somministrata ad un futuro (legittimo) destinatario anticipando solamente la tempistica prestabilita.
Inoltre il soggetto che ha somministrato il vaccino (ma anche quello che lo ha ricevuto anzitempo) non cagiona alcun danno patrimoniale al medesimo Servizio Sanitario perchè il costo del vaccino è stato sostenuto (o anche semplicemente previsto) anche in favore del fruitore “privilegiato”.
Nella figura criminosa dell’abuso d’ufficio, la condotta normativamente tipizzata si identifica con l’abuso funzionale, cioè con l’esercizio della potestà e con l’uso dei mezzi inerenti ad una funzione pubblica esercitata in modo differente da quello per il quale l’esercizio del potere è concesso, così intenzionalmente procurando un danno ingiusto (nel caso della campagna vaccinale) a chi quella dose aveva il diritto di riceverla per primo.
Per sciogliere ogni residuo dubbio, basti inquadrare la vaccinazione non in termini di consegna di una cosa, bensì di esecuzione di una prestazione. Si guardi al caso di chi ha necessità di sottoporsi ad un’ecografia in una struttura pubblica e deve rassegnarsi ai tempi imposto da una calendarizzazione. A mio giudizio incorre nella medesima conseguenza penale (cioè quella dell’abuso d’ufficio) chi, eludendo le liste di attesa, favorisca taluno facendogli eseguire l’esame diagnostico prima di coloro che erano già prenotati.
Semplificando ulteriormente e richiamandomi ad un’ipotesi di scuola, se un dirigente di un ufficio pubblico ricevesse una fornitura graduale di computer con l’ordine tassativo di assegnarli, man mano che giungono, secondo l’ordine gerarchico decrescente, e durante la distribuzione favorisse invece un normale impiegato in danno di un funzionario, egli risponderebbe di abuso d’ufficio e non certo di peculato. Questo perché l’impiegato ha senza dubbio diritto a ricevere il computer, ma nel nostro esempio lo riceve in anticipo rispetto ai tempi naturali grazie all’inosservanza di una precisa disposizione da parte del dirigente responsabile delle assegnazioni.